ROMA – A novembre risale l’inflazione in Italia, all’1,4% dal +0,9% di ottobre, tornando a farsi sentire soprattutto nel carrello della spesa. E risale l’inflazione in Europa, dal 2 al 2,3%. Il dato italiano complica i conti delle famiglie in vista del Natale, ma in prospettiva è quello europeo il più importante, perché decisivo per orientare le prossime mosse sui tassi di interesse della Banca centrale di Francoforte. Nella riunione di dicembre ci si attende un terzo taglio consecutivo del costo del denaro, e negli ultimi giorni si è aperto un dibattito tra le colombe, secondo cui la debolezza dell’economia suggerisce di aumentare l’entità della riduzione da 0,25 a 0,50 punti, e i falchi preoccupati invece per la persistenza dell’inflazione. Questo colpo di coda dei prezzi non dovrebbe mettere in discussione il taglio di dicembre, ma rende quasi certo che sarà ancora una volta di 25 punti base.

Il carrello della spesa

Va detto che questo rimbalzo non è tale da mettere in discussione la traiettoria di riduzione dei prezzi ormai consolidata da mesi. In particolare nel nostro Paese, dove l’inflazione era precipitata a livelli molto bassi, lontanissimi dai picchi raggiunti tra il 2022 e il 2023 e ben sotto la soglia “obiettivo” del 2%.

Anche a novembre l’inflazione di fondo – cioè al netto dei beni più volatili come alimentari ed energia – è sostanzialmente stabile rispetto ad ottobre (+1,9% annuo contro +1,8%). La risalita dell’indice generale (+1,4 il dato Istat, +1,6% quello con criteri Eurostat) si deve proprio a un aumento dei prezzi dell’energia e degli alimentari. Queste due componenti però sono anche quelle maggiormente sentite dalle famiglie, e da questo punto di vista la “netta accelerazione” dei prezzi degli alimentari – con il carrello della spesa che sale dal 2 al 2,6%, non va trascurata. Anche perché potrebbe portare ulteriore sfiducia a consumatori già poco propensi a spendere: secondo Codacons i rincari “costano” 460 euro in più a famiglia.

L’Europa sopra l’obiettivo

Anche allargando lo sguardo all’Europa è importante distinguere i fattori più temporanei da quelli strutturali. La ripresa dei prezzi di novembre al 2,3% corrisponde alle attese, ed è dovuta soprattutto a un effetto “comparazione” meno favorevole con lo stesso mese dell’anno precedente. Non è quindi tale da mettere in discussione il deciso e progressivo percorso di rientro dell’inflazione degli ultimi mesi. Resta però il fatto che il dato torna sopra il 2% che la Bce ha come obiettivo di lungo termine, che in un Paese chiave come la Germania è ancora superiore – al 2,4% –, e che resta alto nei servizi.

Considerata la debolezza crescente dell’economia, gli analisti restano convinti che alla riunione di dicembre la Bce taglierà nuovamente i tassi, terza volta di fila e quarta dell’anno, portandoli al 3%. Ma il taglio dovrebbe essere ancora una volta di 25 punti base, come i due precedenti. Negli ultimi giorni alcuni membri del partito delle colombe all’interno del direttivo di Francoforte, tra cui il governatore italiano Fabio Panetta, avevano invocato un percorso di riduzione dei tassi più deciso e definito, chiedendo di abbandonare l’approccio alla scelta “riunione per riunione” adottato negli ultimi mesi. Difficile che questo avvenga, dopo questa mini ripresa dei prezzi.

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